«In ogni cosa ho voglia di arrivare
sino alla sostanza.
Nel lavoro, cercando la mia strada,
nel tumulto del cuore.

Sino all’essenza dei giorni passati,
sino alla loro ragione,
sino ai motivi, sino alle radici,
sino al midollo.

Eternamente aggrappandomi al filo
dei destini, degli avvenimenti,
sentire, amare, vivere, pensare,
effettuare scoperte
».

Boris Pasternak

lunedì 25 marzo 2013

Ladri di biciclette



In un mite e placido pomeriggio primaverile catanese, nel bel mezzo di una tranquilla chiacchierata intrisa di stanchezza, una giovane brigata ancora speranzosa s’appresta a rincasare fino a quando uno di questa, stanco e sfiancato, comincia a cercare la bicicletta con la quale sovente soleva dirigersi verso casa, accompagnato dalla moglie perennemente pedalante. Quand’ecco che, non trovando l’usuale e necessario mezzo di trasporto, corrucciato ed assalito dall’ansia, come quando si perde il feticcio quotidiano amato per affezione o per esigenza, prende a guardarsi intorno mancando, tuttavia, il suo obbiettivo. Nemmeno l’ombra dell’esecutore di tale misfatto. Ci avrà messo un attimo? 
Carissimi ominidi del ventunesimo secolo: che gusto si prova a rubare biciclette per ipovedenti? Tra disperazione e sconforto, il giovane comincia ad agitarsi coadiuvato dalla compassione della brigata alla ricerca della bicicletta perduta. Dopo qualche istante, spinto dall’ideale neopagano dell’ iononsoniente, un barbiere di periferia s’affaccia sulla viuzza di quartiere: cosa sarà mai accaduto? Alla notizia della cecità del derubato, l’uomo comincia ad impietosirsi e, imprecando, ammette di conoscere i furfanti, che sono ragazzini alle prime armi, che sarà stata la frenesia, il rito d’iniziazione, lo stupore della “prima volta”. Infastidito, addolorato e cristianamente compassionevole assicura al pover’uomo che la bicicletta tornerà presto sotto la sua custodia, perché i ragazzi ineducati non dovranno più permettersi tale disonore. Guai a chi pesta il più debole. Passano pochi minuti quando un piccolo puntino all’orizzonte, bruciato dal sole e trainante il familiare biciclo, quasi deluso e simulante sicurezza, restituisce l’oggetto e chiede un riscatto di cinquanta euro. In confronto all’elevato prezzo dell’immobile, l’offerta sembrò assai conveniente. Usciti i soldi, l’impaurita bicicletta tornò al padrone.
Quant’è curioso il mondo animato da queste eterne e casuali vicissitudini! È come una piccola scenetta di vita: che sia siciliana o no, questa è la realtà degli umili manzoniani e dei pasoliniani emarginati che compongono, in un certo senso, l’empirica società, quella sotto gli occhi di tutti o quella che, timida, si nasconde dietro le botteghe sempre aperte. Dietro questi atti di antica barbarie vivono umanità rovesciate, mentalità detestate dalla stampa comprese solo da loro stesse e volessimo avere tutti l’occhio di Dio che guarda amorevolmente dentro le case e le più disparate giustificazioni. Teste vuote, uomini di legge, eroi d’antica ipocrisia: il mondo tanto ordinario ci sembra così volgare, alla rovescia. Eppure, viviamo tutti sotto lo stesso cielo, tutti con la stessa domanda.
Io oggi, con occhi di stupore ed estraneità, mi chiedo come sia possibile che nel duemilatredici esistano ancora i ladri di biciclette. 

                                                                            Ladri di biciclette, V. De Sica