In un mite e placido pomeriggio
primaverile catanese, nel bel mezzo di una tranquilla chiacchierata intrisa di
stanchezza, una giovane brigata ancora speranzosa s’appresta a rincasare fino a
quando uno di questa, stanco e sfiancato, comincia a cercare la bicicletta con
la quale sovente soleva dirigersi verso casa, accompagnato dalla moglie
perennemente pedalante. Quand’ecco che, non trovando l’usuale e necessario
mezzo di trasporto, corrucciato ed assalito dall’ansia, come quando si perde il
feticcio quotidiano amato per affezione o per esigenza, prende a guardarsi
intorno mancando, tuttavia, il suo obbiettivo. Nemmeno l’ombra dell’esecutore
di tale misfatto. Ci avrà messo un attimo?
Carissimi ominidi del ventunesimo
secolo: che gusto si prova a rubare biciclette per ipovedenti? Tra disperazione
e sconforto, il giovane comincia ad agitarsi coadiuvato dalla compassione della
brigata alla ricerca della bicicletta perduta. Dopo qualche istante, spinto
dall’ideale neopagano dell’ iononsoniente,
un barbiere di periferia s’affaccia sulla viuzza di quartiere: cosa sarà mai
accaduto? Alla notizia della cecità del derubato, l’uomo comincia ad impietosirsi
e, imprecando, ammette di conoscere i furfanti, che sono ragazzini alle prime
armi, che sarà stata la frenesia, il rito d’iniziazione, lo stupore della “prima
volta”. Infastidito, addolorato e cristianamente compassionevole assicura al
pover’uomo che la bicicletta tornerà presto sotto la sua custodia, perché i
ragazzi ineducati non dovranno più permettersi tale disonore. Guai a chi pesta
il più debole. Passano pochi minuti quando un piccolo puntino all’orizzonte,
bruciato dal sole e trainante il familiare biciclo, quasi deluso e simulante
sicurezza, restituisce l’oggetto e chiede un riscatto di cinquanta euro. In confronto
all’elevato prezzo dell’immobile, l’offerta sembrò assai conveniente. Usciti i
soldi, l’impaurita bicicletta tornò al padrone.
Quant’è curioso il mondo animato
da queste eterne e casuali vicissitudini! È come una piccola scenetta di vita:
che sia siciliana o no, questa è la realtà degli umili manzoniani e dei pasoliniani emarginati che compongono, in un
certo senso, l’empirica società, quella sotto gli occhi di tutti o quella che,
timida, si nasconde dietro le botteghe sempre aperte. Dietro questi atti di
antica barbarie vivono umanità rovesciate, mentalità detestate dalla stampa
comprese solo da loro stesse e volessimo avere tutti l’occhio di Dio che guarda
amorevolmente dentro le case e le più disparate giustificazioni. Teste vuote,
uomini di legge, eroi d’antica ipocrisia: il mondo tanto ordinario ci sembra
così volgare, alla rovescia. Eppure, viviamo tutti sotto lo stesso cielo, tutti
con la stessa domanda.
Io oggi, con occhi di stupore ed
estraneità, mi chiedo come sia possibile che nel duemilatredici esistano ancora
i ladri di biciclette.
Ladri di biciclette, V. De Sica |